lunedì 9 luglio 2012

Commento all’accordo Alcatel–Lucent

Commento all’accordo Alcatel–Lucent del 19 giugno 2012.
Matteo Gaddi
Responsabile Nord Lavoro  Partito della Rifondazione Comunista – Federazione della Sinistra
L’accordo segna un punto positivo: il ritiro dei 490 licenziamenti dichiarati da ALU nell’ambito del processo di ristrutturazione internazionale che prevedeva un forte ridimensionamento della presenza italiana nell’ottica di un progressivo disimpegno dal nostro Paese.

L’accordo e’ mancante del non riconoscimento di un contratto di solidarieta’ che, andando a spalmare la cassa-integrazione prevista su di un numero molto ampio di dipendenti, avrebbe permesso di ammortizzare e gestire con minori difficoltà e rischi la gestione della cassa integrazione stessa.


Per esaminare i risultati conseguiti dall’accordo del 19 giugno e’ necessario considerare la situazione di partenza.
Questa vedeva ALU individuare nell’Italia, insieme al Belgio, il paese  più colpito dai tagli occupazionali e delle produzioni.
Il piano 2012 prevedeva una riduzione costi complessiva di 500 milioni di euro, e un riposizionamento strategico delle attività di Ricerca e sviluppo verso i prodotti HLN, in particolare IP e mobile.
Questi pesanti tagli derivavano dal fatto che ALU intende concentrarsi sul modello delle reti internet (Rooter, IP…sviluppate in USA) abbandonando le reti tradizionali telefoniche.

Da qui il processo di razionalizzazione delle attività e l’annuncio degli esuberi di ALU in Italia.
In tutto questo vi è una ulteriore complicazione: in Italia tutta la R&D è concentrata sulla fibra ottica. Quindi non essendo la produzione diversificata (come, invece, è in Francia: distribuita su tre settori: ottica, reti mobili e reti sottomarine), l’abbandono dell’unico settore esistente determina il progressivo disimpegno totale dal nostro Paese.

Nell’accordo del 19 giugno, come anticipato, scompaiono i licenziamenti, sostituiti dal ricorso alla CIG per 245 lavoratori (ma questo lo vedremo in seguito e  soprattutto vedremo il carattere particolare della CIG che è strettamente legato alla riorganizzazione delle produzione di ALU in Italia e non finalizzata a mettere in mobilità e licenziare).

Ovviamente non scompaiono gli elementi negativi, il primo dei quali è rappresentato dalla conferma della strategia internazionale di Alcatel basata sulla leadership nel mercato americano, sulla penetrazione nel mercato asiatico e, soltanto da ultimo e in funzione del tutto residuale, viene richiamata l’Europa il cui quadro macro – economico viene definito come “delicato”. La strategia è chiara: USA (sede della corporate), Asia (mercato emergente), Europa come ultimo e residuale mercato di riferimento.
Viene confermata la semplificazione del portafoglio prodotti da concentrare attorno alle “reti ad alta prestazione” (HLN).

Per quanto concerne il mercato italiano, ALU lamenta che dal 2005 si è registrato un calo costante del fatturato (questo riguarda complessivamente il settore TLC).
Il fatturato domestico di ALU in Italia è calato del 30% negli ultimi tre anni, e a questa considerazione ALU aggiunge l’affermazione che le tecnologie sviluppate in Italia si concentrano su prodotti maturi.
Se questo è vero, va detto che si è trattato di una precisa strategia di ALU: quella di trasferire le attività negli USA forti della politica interna di Obama sul lavoro.

Per poter attuare la politica di trasferimento delle attività e per agevolare i prodotti sviluppati in USA hanno volutamente ostacolato ed osteggiato i prodotti sviluppati in Italia evitando di proporli ai clienti con conseguente calo delle vendite e perdita delle quote di mercato.

Appare però importante prendere atto del fatto che:
-    ALU ha inteso confermare la propria presenza in Italia con le sue strutture produttive, commerciali, e di ricerca;
-    ALU intende sviluppare nuove attività in Italia nell’ambito delle tecnologie chiave per il proprio portfolio   assegnando alla R&D un ruolo specifico e determinante;
-    Le attività ALU in Italia vengono focalizzate sulla tecnologia WDM 1830; ulteriori aree di investimento sono previste per ASIC e FPGA; programmi per WDM ad altissima velocità; strumenti di pianificazione del WDM; sviluppo del G-MPLS; conferma delle attività di Wireless Transmission;
-    ALU si impegna a diversificare le attività di Ricerca portando in Italia ulteriori attività legate alle tecnologie chiave del proprio portafoglio di HLN;
-    ALU entro il 31.12.2012 si è impegnata a presentare il Piano dettagliato di tale rilancio nel quale evidenziare le aree tecnologiche, le prospettive di business, gli investimenti da realizzare e gli obiettivi occupazionali.

Si tratta, nell’ultimo punto, di un vero e proprio Piano Industriale che dovrà definire con sufficiente precisione gli obiettivi strategici di carattere generale recepiti nell’accordo.
Appare però importante che gli elementi “forti” di tale Piano siano: l’aggancio dell’Italia alle produzioni tecnologiche considerate strategiche da ALU (quindi, dovrebbe essere superata la condizione dell’Italia come sede di produzioni superata in via di dismissione); l’individuazione precisa di quali sono le nuove produzioni; la conferma del ruolo della ricerca.
In sostanza, e’ necessario  che il Piano Industriale individui una missione specifica per la sede italiana che non dovrà essere una filiale o una succursale di altre sedi di ricerca o di produzione ma dovrà avere una propria configurazione autonoma con ricerca e prodotti propri.

È ovvio che su ciascuna di queste voci dovranno essere definite con precisione le risorse messe a disposizione e gli investimenti da effettuare.
Questo vale soprattutto per la Ricerca che senza un’adeguata dotazione di risorse potrebbe fare ben poco.

Comunque, quello che si rileva è che l’obiettivo principale è quello di una ridefinizione produttiva di ALU che conferma il carattere industriale e di ricerca della sua presenza in Italia.
La  ricerca e le produzioni italiane, ripeto, dovranno avere una loro precisa e robusta configurazione.

Sulla base di questo (mantenimento della presenza e ridefinizione del proprio ambito di ricerca – produzione), viene definito l’intervento sul personale che, come visto, abbandona lo strumento dei licenziamenti per utilizzare ammortizzatori sociali.
Da questo punto di vista, quindi, gli ammortizzatori sociali non dovranno essere uno strumento di ridimensionamento occupazionale (con l’accompagnamento alla mobilità, pensione...); ma dovranno rappresentare un’occasione di riqualificazione del personale per renderlo adeguato alla nuova missione produttiva di ALU in Italia.



Il Piano Industriale di ALU dovrebbe incrociarsi con l’intervento del Governo per la realizzazione dell’Agenda Digitale (attraverso il provvedimento DigItalia) che prevede:
-    un bando per progetti di Ricerca e Investimento legati alla Tecnologia Long Term Evolution per far evolvere gli attuali standard della telefonia mobile per il trasporto dati (anche Internet); progetto legato alla banda ultra larga mobile;
-    un bando per progetti di Ricerca e Investimento legati alla Fotonica;
-    un bando per la realizzazione di grandi progetti strategici nel settore TLC/ICT come la banda ultra larga (fissa e mobile), l’exploitation digitale di una serie di settori (salute, beni culturali, difesa ecc.).

Finalmente uno straccio di Politica Industriale anche se molto “improvvisata” e non dettagliata.
Sara’ quindi necessario vigilare affinché questi provvedimenti vengano prontamente emanati dal Governo.

Destano, invece, maggiori preoccupazioni i contenuti del paragrafo sulla ricollocazione.
Si parla di progetto GROW / Internal Job Opportunity Market: si tratta di un progetto di ricollocazione interna di posizioni richieste da alcuni ambiti e reparti. Fin qui tutto bene: si specificano i propri skill di competenze e professionalita' e si verifica  se questi soddisfano le esigenze avanzate da altri reparti di produzione.

Però, il programma Grow si colloca in ambito mondiale, mentre Internal Job Opportunity Market (che fa parte di GROW) è riferito all’ambito della propria sede.
Si tratta di una differenza sostanziale come ovvio: un conto è potere essere assegnati ad un altro reparto della propria sede; altro conto ricevere una proposta di trasferimento da Vimercate agli USA…
Bene, invece, i piani di re-skilling e di formazione finalizzati ad allineare le competenze alle nuove tecnologie in cui sarà impegnata ALU in Italia.
In questo caso, l’aspetto delicato è rappresentato dalla quantificazione delle nuove attività e tecnologie e dalla quantificazione della forza lavoro necessaria.

Vanno invece abbandonate le possibili illusioni sulle procedure “esterne”: mobilità volontaria, outplacement da parte di società specializzate; incentivi all’esodo; politiche attive del lavoro (Regione Lombardia ecc.) in occasione delle crisi aziendali che ho avuto modo di seguire non hanno sortito nessun risultato.
Nessuno (giustamente) andrà in mobilità volontaria (a meno che non agganci la pensione, Fornero permettendo…); non essendoci un mercato del lavoro dinamico nessuno verrà piazzato presso altre aziende; le politiche attive si risolvono in finanziamenti a vantaggio esclusivo delle società di formazione…
Molto meglio, quindi, concentrarsi sulla ricollocazione interna e i conseguenti strumenti di re-skilling.

Il ricorso alla CIG riguarda 245 lavoratori.
L’ostacolo principale sarà rappresentato dal fatto che l’azienda ha messo le mani avanti sostenendo che le “esigenze tecniche, organizzative e produttive (…) rendono non agevoli le modalità di rotazione a causa della scarsa fungibilità e della polivalenza degli stessi”.
Ancor più preoccupante è l’affermazione seguente: “risultano inoltre evidenti le motivazioni legate alla riduzione delle attività collegate alla contrazione del business nonché la sparizione a livello locale di attività che trovano diversa collocazione nella struttura internazionale, anche legate a processi di delocalizzazione (…) e/o progressiva automazione…”.
Il senso di questo passaggio è chiaro: la riduzione delle attività (riduzione portafoglio prodotti), la cancellazione di unità produttive locali; delocalizzazioni e automazione genereranno esuberi occupazionali.
Proprio su questo bisogna fare la massima attenzione: la CIG non deve essere usata per ammortizzare la cancellazione di posti di lavoro; ma come strumenti di transizione verso un nuovo assetto produttivo e quindi per riqualificare il personale rendendolo idoneo a nuove produzioni (lasciando inalterati i livelli occupazionali !).
Altrimenti sarà il solito utilizzo della CIG come anticamera per la fuoriuscita di personale dall’azienda.

Alcuni paletti, per contenere l’impatto sociale della CIG, sono stati inseriti:
-    nessuno potrà essere messo a zero ore;
-    nessuno potrà effettuare un periodo di CIG superiore a 9 mesi;
-    nessuno potrà effettuare un periodo di CIG superiore a 6 mesi per quanto concerne la R&D di Vimercate (anche per Rieti e Battipaglia);
-    l’integrazione economica per i lavoratori in CIG 9 mesi sarà fino all’80% della retribuzione per 7°, 8° e 9° mese.

Lo stabilimento di Trieste viene confermato come il sito destinato alla integrazione e collaudo degli apparati WDM.
L’importante risultato riguarda la stabilizzazione di almeno 100 lavoratori “somministrati a termine”.
Si tenga presente che presso lo stabilimenti triestino i dipendenti ALU diretti sono 220 e i somministrati 380. rispetto ai “somministrati”, ALU intenderebbe tagliarne ben 200 a causa della decisione della multinazionale di trasferire parti consistenti della produzione in Romania.
Il risultato odierno, appunto è la stabilizzazione di 100 “somministrati”, mentre per il restante personale “precario” l’accordo si limita a stabilire che “le parti si confronteranno in sede locale al fine di ricercare una soluzione condivisa”.

Per lo stabilimento di Trieste vale, a maggior ragione, il ragionamento fatto a proposito di ALU Italia.
Lo stabilimento di Trieste realizza i nuovi prodotti che, una volta testati e verificata la soddisfazione del cliente, passano, per la loro produzione presso altri stabilimenti.
Questo genera la continua necessità di disporre di nuovi prodotti per non determinare scarichi di lavoro su Trieste.
Andrebbe superata questa criticità lasciando a Trieste anche quote di produzione.

Più in generale, l’assetto di Trieste andrebbe definito nell’ambito di ALU Italia.
Sarebbe importante che a Trieste venissero sviluppati e realizzati prodotti frutto della R&D di Vimercate: in questo modo gli stabilimenti di ALU Italia assumerebbero una configurazione integrata.

Una specifica configurazione di R&D e di produzione industriale per ALU Italia, un forte assetto di R&D per Vimercate e la definizione dei livelli qualitativi e quantitativi della produzione di Trieste: sono questi i tre tasselli necessari che devono trovare adeguata esposizione e sostegno nel Piano Industriale da consegnare entro il 31.12.2012.

Matteo Gaddi
Responsabile Nord Partito della Rifondazione Comunista

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